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Cos’è il Black Hat Seo

Luca Mainieri | | Tempo di lettura: 5 minuti
Cos'è il Black Hat Seo

Il SEO Specialist si occupa dell’ottimizzazione di un sito al fine di posizionare delle parole chiave di interesse sui motori di ricerca. L’ottimizzazione SEO segue una strategia ben definita e ponderata, come potrai approfondire sui nostri articoli relativi alla SEO e alla SEM.

Tra le tecniche di link building e il SEO content si affacciano delle pratiche poco convenzionali che hanno lo scopo di raggirare gli algoritmi di Google per velocizzare la scalata alle prime posizioni: si chiama Black Hat SEO.

Su questo articolo approfondiremo questi punti:

  • Cos’è il Black Hat Seo e quali sono le tecniche più utilizzate
  • Come funziona il Black Hat Seo, che rischi si corrono e che benefici si possono potenzialmente raggiungere
  • Come riconoscere il Black Hat Seo: il modo per scoprire se un sito utilizza queste tecniche

Cos’è il Black SEO

Con Black Hat SEO intendiamo una serie di tecniche scorrette di ottimizzazione SEO per raggirare i motori di ricerca. Fino a qualche anno fa molti SEO Specialist si avvalevano di queste tecniche per posizionare anche siti di spam o di scarsa qualità.

Gli aggiornamenti di Google (vedi il recente Fred, Penguin, Panda, Hummingbird) facendo sparire dalla SERP noti siti hanno portato gravi disagi ai relativi proprietari, ignari di ciò che fosse realmente accaduto.

Basti ricordare il caso del 2006 del sito ufficiale di BMW Germania che, tolto dalle liste di Google perché praticava tecniche di black hat SEO, venne successivamente reinserito dopo le dovute correzioni.

In particolare con gli update di Google Penguin e Panda sono stati presi in esame e opportunamente sanzionati:

  • siti che praticavano attività per manipolare la link building;
  • siti dove vi era una ripetizione eccessiva e innaturale di keywords (keyword stuffing);
  • siti con link spamming, ovvero link con anchor text commerciali, contenenti parole chiave di interesse non attinenti al testo e al contesto.

Quelle appena citate sono tutte tecniche di black hat SEO.

Perché si chiama “Black Hat SEO”?

Black Hat, “Cappello nero”, quello che veniva indossato quasi sempre dal cattivo nei film western, contrapposto al cappello bianco del buono. Così una metafora cinematografica viene ripresa nell’ambito del web per identificare prima gli hacker e successivamente anche coloro che si occupano di SEO nel modo sbagliato, coloro che utilizzano tecniche non etiche o non conformi alle linee guida di Google per posizionare il proprio sito nella SERP.

Le Tecniche di Black Hat più Diffuse

1) Acquisto di domini scaduti (desert scraping)

Un sito acquisisce ranking anche dai link in entrata, lo sappiamo. Ecco perché alcuni SEO Specialist sono soliti acquistare dei domini scaduti e non rinnovati su delle piattaforme nate proprio per favorire questo genere di compravendite (GoDaddy, Expired Domains, DomCop, ecc.).

Diciamo che, seppur la tecnica sia pericolosa e deprecabile in ogni caso, quantomeno andrebbero acquisiti domini di argomenti attinenti al nostro, ma non tutti i SEO Specialist se ne accertano. E cosa se ne fanno i SEO Specialist di questi domini? Un bel redirect 301 a tutte le pagine che puntino al nostro, così da acquisire tutti i backlink che aveva ricevuto il sito.

Ma attenzione, perché Google diventa sempre più abile a scovare chi utilizza questi mezzi. Senza contare che molti SEO Specialist si spacciano per esperti e poi magari cadono sull’acquisto di un sito penalizzato da Google o con un profilo di backlink di scarsissima qualità, rischiando di portare nell’oblio i siti dei clienti.

Magari non conoscono i diversi tool per verificare lo stato di un sito e la qualità dei backlinks (come il completo e famosissimo Majestic SEO.)

2) Acquisto di link

Prima degli update di Google ogni link in entrata contribuiva alla scalata della SERP, e quindi i guru del SEO acquistavano pacchetti di link senza curarsi della pertinenza, della provenienza o della qualità. Con l’arrivo di Penguin però si è potuto assistere ad una pulizia della SERP dai backlink di basso livello che ora trascinano sempre più in basso nei risultati i siti verso i quali puntano.

3) Inserire testi e link nascosti

Questa è una delle tecniche più vecchie di black hat ma qualcuno pare la utilizzi ancora: per aumentare la keyword density vengono inserite delle parole chiave con il testo dello stesso colore dello sfondo della pagina. Stessa cosa per i link. Ma oggi Google penalizza i siti che presentano una troppo alta e innaturale keyword density, ancor più se con il testo nascosto.

4) Pagine non di qualità

Fino a qualche anno fa potevi trovare in cima alla SERP anche siti pieni di contenuti copiati e/o di non valore: oggi, nelle prime posizioni di Google, troverai quasi sempre dei testi lunghi ed esaustivi, che danno informazioni davvero utili agli utenti. Un tempo potevi trovarci anche testi di 300 parole pieni di keywords, oppure contenuti di valore copiati da altri siti. Oggi, per fortuna, posizionarsi con questo genere di pratiche non è (quasi) più possibile.

In questa infografica prodotta da SEOzoom, vediamo come la SERP sia in continuo movimento, segno manifesto del fatto che Google non si ferma mai:

Osservatorio SERP Italiane

Eccezioni: Quando Usare le Tecniche di Black Hat SEO?

Ci sono alcuni casi in cui utilizzare queste strategie può funzionare, pur sapendo di andare incontro alle penalizzazioni. Ad esempio potremmo avere l’esigenza di spingere il lancio di un determinato prodotto o servizio in un periodo di tempo limitato. Allora potrebbe essere una buona idea quella di acquisire un dominio per l’occasione, sul quale applicare tutte le tecniche appena discusse, così da dare una bella spinta al sito in maniera veloce.

Prima che Google si accorga di quanto sta accadendo e penalizzi il sito, probabilmente passeranno diversi mesi, ma questo tempo potrebbe essere sufficiente ad acquisire la giusta visibilità e un numero interessante di lead.

Dopo l’inevitabile penalizzazione si può procedere all’acquisto di un nuovo dominio da utilizzare per una nuova campagna pubblicitaria.

Anche se io credo sia preferibile, in questi casi di urgenza, procedere con la SEM naturale piuttosto che con la SEO sporca, e quindi con AdWords o Facebook ADS. Forse un po’ più dispendioso, ma sicuramente più sicuro ed efficace.

Conclusioni

Il black hat SEO ha dato risultati sorprendenti fino a qualche anno fa ma si sa, tutti i nodi prima o poi giungono al pettine. Tutt’oggi ci sono parecchi SEO specialist che propongono queste strategie ai propri clienti per crescere, ma consiglio di diffidare da chi te lo propone e di prendere le distanze.

Cerca un’agenzia SEO seria che ti sappia condurre nelle prime posizioni Google senza utilizzare tecniche non propriamente adeguate. Un esperto SEO serio non permette che i propri clienti corrano il rischio di essere penalizzati tramite l’utilizzo di tecniche di Black Hat SEO, e per questo opera con impegno e costanza, apportando qualità e utilità reale per gli utenti, senza inganni e senza imbrogli.

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